Come salvare i Lecci dai loro devastatori?
Nel Salento, negli ultimi decenni, stiamo assistendo ad una sempre maggiore presenza di insetti che attaccano gravemente il Leccio (Quercus ilex), tanto da provocarne lentamente, ma inesorabilmente, la morte. I maggiori responsabili sono il Bupreste fasciato o Corebo (Coroebus bifasciatus) e il Chermococco vermiglio (Kermes vermilio). Gli alberi attaccati manifestano disseccamenti dei rami e delle branche e, successivamente, l’avvizzimento dell’intera pianta. Sia nei capoluoghi di provincia che in molti dei loro paesi si possono notare interi viali di Lecci sofferenti o addirittura disseccati. La città di Lecce ne è particolarmente colpita; Viale dell’Università, Viale F. Calasso, Viale A. Moro, Viale Roma, Via del Mare, Via G. Rossini, Via Torre del Parco, Via A. De Pace, Via Ragusa, Piazzale Genova, solo per citare alcuni siti interessati. Per non parlare poi dei diversi paesi come Copertino, Veglie, Vernole, Poggiardo, Tiggiano, Andrano, Castro, Tricase, ecc., dove gli amministratori sono stati costretti a procedere all’abbattimento di molti esemplari, ormai irrecuperabili.
Il Bupreste fasciato, da secoli, è presente in tutta Europa centro-meridionale e in Italia, ovunque sia presente il Leccio e la Sughera. E’ un coleottero di colore verde dorato brillante e con due fasce scure sulle elitre dai riflessi metallici bluastri, dal corpo piuttosto slanciato, lungo 13-15 mm e largo 4-5 mm. Le larve sono biancastre, apode, appiattite, a forma di clava, con testa infossata nel protorace che è più largo rispetto agli altri metameri, mentre l’ultimo segmento addominale presenta due appendici a forma di pinze. Vive per circa due anni scavando gallerie subcorticali, tra la corteccia e lo strato legnoso più esterno, recidendo i vasi linfatici. A maturità sono lunghe circa 20 mm e larghe 3/4 mm e si impupano nella tarda primavera. Gli adulti sfarfallano in maniera scalare da giugno ad agosto e le femmine depongono le uova in maniera isolata sulle gemme apicali e sulle ghiande in accrescimento. Le larve, appena nate, scavano sottili gallerie longitudinali nei rametti. Man mano che crescono, le gallerie sono sempre più grandi. Al secondo anno di vita, avendo percorso lunghezze anche maggiori di due metri all’interno dei tessuti, effettuano grosse gallerie elicoidali che, tranciando i vasi xilematici, fanno disseccare i rami interessati. Nell’estate del secondo anno sfarfallano gli adulti attraverso fori ellissoidali che si possono osservare sulle branche e sul tronco.
Il Chermococco vermiglio, invece, è una cocciniglia rossastra di forma globosa del diametro di 5-7 mm che si rinviene sui rametti del Leccio e della Quercia spinosa. Se schiacciata emette un liquido rosso vermiglio che gli antichi Romani e Greci utilizzavano per colorare le stoffe di lana. E’ stato usato fino al secolo scorso come colorante naturale nel classico liquore “Alkermes” (Rosolio). I follicoli dei maschi sono piccoli, allungati e bianchi e si osservano sui rametti e sulle foglie. A maturità fuoriescono ed essendo dotati di ali, raggiungono le femmine e le fecondano. Queste depongono centinaia di uova che rimangono protette sotto lo scudetto. Nei mesi di giugno e di luglio schiudono e le neanidi (forme giovanili) di colore rosso intenso, essendo dotate di zampe, si spostano sulla tenera vegetazione delle piante. Si fissano sui germogli e infiggono il loro apparato boccale perforante-succhiatore e, iniettando in continuazione saliva ricca di enzimi fitotossici, succhiano la linfa elaborata dalle foglie che è ricca di zuccheri. I rametti interessati vanno in sofferenza e alla fine avvizziscono. Anno dopo anno la chioma dimostra sempre maggiori disseccamenti. Le piante reagiscono all’attacco di questi parassiti emettendo nuovi germogli ma che, sistematicamente, vengono re-infestati. La radice, non ricevendo a sufficienza linfa elaborata ricca di zuccheri che serve per nutrire le cellule dei suoi tessuti, non assolve più la sua funzione di assorbimento di acqua e sali minerali, facendo morire l’intera pianta.
Come salvare i Lecci?
Salvarli è auspicabile e doveroso. Basti pensare al loro inestimabile valore economico e ambientale. Innanzi tutto bisognerebbe effettuare il censimento delle piante sofferenti e diagnosticare l’infestazione accertando la presenza del Bupreste fasciato o del Chermococco vermiglio o se dovuta ad altre cause da individuare con ulteriori ricerche. La difesa integrata si effettua agronomicamente all’insorgenza dei primi attacchi con la potatura di risanamento che consiste nell’eliminazione e la distruzione di tutti i rami secchi o notevolmente infestati. Genericamente, la potatura degli alberi dovrebbe interessare rami del diametro massimo di 6/8 cm, per evitare che da queste ferite possano penetrare funghi agenti della carie del legno. Per il Leccio il periodo migliore è l’autunno o il fine inverno-inizio primavera, prima delle nidificazioni.
La lotta chimica
prevede, in vivaio o nei giardini privati, trattamenti con Olio bianco estivo da solo o attivato con un insetticida registrato per piante forestali e ornamentali, da giugno ad agosto, a cadenza mensile, meglio se preceduti dall’asportazione dei rami secchi. I principi attivi naturali che si possono utilizzare sono: Piretrine pure, Spinosad, Azadiractina, Olio di Neem, ecc., autorizzati in agricoltura biologica. I principi attivi chimici di sintesi che si possono utilizzare in agricoltura convenzionale, sono: Deltametrina, Cipermetrina, Lambda-cialotrina, Acetamiprid, Abamectina, Emamectina benzoato, Etofenprox, ecc., aggiungendo un p.a. juvenoide (Pyriproxifen) che inibisce lo sviluppo delle neanidi. Tuttavia, questi interventi non si possono effettuare in zone urbane per motivi di sicurezza. In questi ambienti, ma solo contro il Chermococco, si possono utilizzare prodotti registrati del tutto innocui per l’uomo e gli animali in genere come il Sapone molle di potassio, Sapone di Marsiglia, Olio paraffinico, Olio di lino, Olio di Neem, Piretro naturale, ecc.. E’ obbligatorio da parte degli Amministratori Pubblici prendere accordi con l’ASL di appartenenza ed informare i cittadini di ciò che si intende fare. In alternativa e per entrambi i parassiti si può effettuare un intervento di endoterapia con insetticidi sistemici e registrati per tale uso, in estate-autunno. La tecnica consiste nel praticare dei piccoli e superficiali fori alla base delle piante e in essi iniettare a pressione con attrezzature idonee una soluzione concentrata composta da un insetticida sistemico e un prodotto veicolante-fitostimolante. Il sistema descritto è, allo stato attuale, l’unico a garantire i migliori risultati di efficacia nei confronti dei parassiti, con il minimo danno alla pianta, tenendo presente che spesso, se non si interviene, si può assiste alla sicura morte di essa. L’azione dell’insetticida interessa solo ed esclusivamente gli insetti dannosi, risparmiando nel modo più assoluto gli organismi utili. Il tipo d’intervento è registrato dal Ministero della Sanità, rispetta le normative italiane e quelle europee ed ha impatto ambientale nullo. Inoltre garantisce la sicurezza nei confronti di bambini ed animali perché non sono previsti versamenti all’esterno di prodotti fitoiatrici.
Dott. Agronomo Vincenzo Mello